“SEI UN CAPO AMICO DEI TUOI DIPENDENTI? OCCHIO: LA TUA AZIENDA STA RISCHIANDO GROSSO..”

Venerdì 9 agosto 2024

Essere un buon capo è come camminare su un filo sospeso tra due grattacieli.

Da un lato, vuoi essere accessibile e creare un ambiente di lavoro positivo.

Dall’altro, devi mantenere l’autorità necessaria per guidare efficacemente il tuo team.

È un equilibrio delicato, e credimi, ho imparato questa lezione nel modo più duro.

 

La mia odissea da “Capo Cool”

 

Ricordo ancora quando pensavo di essere il capo più cool del mondo.

<<Sarò l’amico di tutti!>>, mi sono detto. <<Creerò l’ambiente di lavoro più rilassato di sempre!>>

Beata ingenuità…

Ho iniziato con le migliori intenzioni.

Spritz dopo il lavoro, feste in ufficio, persino un gruppo WhatsApp per condividere meme. Sembrava l’inizio di una nuova era di armonia e produttività.

Ma come spesso accade, la realtà si è rivelata un po’ più complicata.

 

Il prezzo dell’amicizia: una commedia in tre atti

 

🔸 Atto I: il confessionale ambulante

Sono passati tanti anni da questi episodi, ma li ho impressi a fuoco nella memoria..

I dipendenti avevano iniziato a vedermi come il loro psicologo personale. Ogni piccolo problema, professionale o personale, finiva sulla mia scrivania.

Un lunedì mattina, ad esempio, Mary è entrata nel mio ufficio in lacrime per un litigio con il fidanzato. Mentre cercavo di consolarla, Paolo bussava alla porta per discutere della sua crisi di mezza età. Nel frattempo, il telefono squillava incessantemente e le email si accumulavano.

Da un lato, ero felice della fiducia. Dall’altro, mi chiedevo quando avrei effettivamente lavorato.

 

🔸 Atto II: la flessibilità del contorsionista

Le scadenze? Sono diventate più “flessibili” di un contorsionista al circo.

<<Ehi capo, sei nostro amico, capirai se consegniamo lunedì invece che venerdì, vero?>>

Spoiler: no, non capivo. Ma come potevo essere rigido con le persone con cui avevo condiviso risate e confidenze solo la sera prima?

Il progetto cruciale che doveva essere consegnato venerdì è slittato a lunedì, poi a mercoledì, poi… beh, hai capito l’idea. I clienti non erano esattamente entusiasti, e io mi sono ritrovato a fare gli straordinari per compensare.

 

🔸 Atto III: il boomerang delle decisioni impopolari

Quando è arrivato il momento di prendere decisioni difficili, ho scoperto che l’amicizia può essere un’arma a doppio taglio. Le reazioni sono state… diciamo “interessanti”.

Dovevo tagliare il budget e riorganizzare alcuni team. Pensavo che la mia relazione amichevole con i dipendenti avrebbe reso le cose più facili. Invece, mi sono ritrovato accusato di “tradimento”.

<<Come puoi farci questo? Pensavamo fossimo amici!>>

è diventata la frase del giorno.

Apparentemente, gli amici non tagliano i budget o riorganizzano i team. Chi l’avrebbe mai detto?

 

La sottile linea rossa: un esercizio di equilibrismo

 

Ho imparato a mie spese che c’è una sottile linea tra essere un capo accessibile e diventare “uno del gruppo”. È come camminare su una fune: un passo falso e precipiti.

Un giorno stai ridendo e scherzando con il team, il giorno dopo devi rimproverare qualcuno per un lavoro mal fatto. E improvvisamente, quella atmosfera amichevole che hai coltivato con tanta cura diventa il tuo peggior nemico.

La lezione più importante? Essere amichevoli è fantastico, ma non dimenticare mai il tuo ruolo.

Sei il capitano della nave, non un altro marinaio.

 

Trovare l’equilibrio: un’arte in evoluzione

 

Allora, come si trova il giusto equilibrio? Ecco alcune lezioni che ho appreso nel mio percorso:

🔹 Stabilisci confini chiari: sii amichevole, ma definisci limiti professionali. Non sei il loro migliore amico, sei il loro leader. Ho imparato a dire: <<Apprezzo la nostra relazione di lavoro, ma ci sono argomenti che è meglio discutere con amici o familiari>>.

🔹 Mantieni la professionalità: gli spritz dopo il lavoro vanno bene, ma modera. Ricorda, domani dovrai ancora prendere decisioni difficili. Ho stabilito una regola: uno spritz, poi a casa. E niente discussioni di lavoro dopo l’orario d’ufficio.

🔹 Comunicazione trasparente: spiega il tuo ruolo e le tue aspettative. La chiarezza previene molti malintesi. Ho iniziato ogni nuovo progetto con una riunione dove ho definito chiaramente ruoli, responsabilità e aspettative.

🔹 Feedback costruttivo: essere “amico” non significa evitare le critiche. Anzi, un buon leader sa come dare feedback onesti e costruttivi. Ho imparato a usare la tecnica del “sandwich di feedback”: inizia con un complimento, poi offri la critica costruttiva, e chiudi con un incoraggiamento.

🔹 Rispetto reciproco: coltiva un ambiente di rispetto mutuo. Non si tratta di essere amati, ma di essere rispettati. Ho scoperto che mostrare apprezzamento per il lavoro ben fatto e offrire supporto nei momenti difficili crea un ambiente di rispetto reciproco più solido di qualsiasi amicizia superficiale.

🔹 Separazione tra vita personale e professionale: è fondamentale mantenere una certa distanza. Ho creato due account sui social media: uno professionale e uno personale. I dipendenti hanno accesso solo a quello professionale.

🔹 Coerenza nelle decisioni: essere amichevole non significa fare favoritismi. Ho imparato a trattare tutti con la stessa equità, indipendentemente da quanto mi stiano simpatici personalmente.

🔹 Empatia senza compromessi: mostra comprensione per le situazioni personali, ma non lasciare che influenzino le decisioni aziendali. Ho imparato a dire: “Capisco la tua situazione e mi dispiace, ma dobbiamo comunque rispettare le scadenze del progetto”.

Ricorda: un buon capo non è necessariamente un amico, ma sicuramente non è un nemico. L’obiettivo è essere un leader rispettato e accessibile.

Trovare l’equilibrio è un’arte… e a volte richiede qualche scivolone per perfezionarla!

 

Lezioni apprese: il mio personale manuale di sopravvivenza

 

1. L’Importanza del contesto: ho imparato che ci sono momenti per essere amichevoli e momenti per essere il capo. In una riunione di strategia, sono il leader. Alla festa di Natale aziendale, posso essere più rilassato (ma mai troppo!).

2. Il Potere dell’esempio: i dipendenti seguono l’esempio più delle parole. Se arrivo puntuale, lavoro sodo e mantengo un comportamento professionale, il team tende a fare lo stesso.

3. La forza della vulnerabilità controllata: mostrare occasionalmente le proprie vulnerabilità può renderti più umano agli occhi del team. Ma attenzione: c’è differenza tra condividere una sfida professionale e piangere sulla spalla di un dipendente.

4. L’arte del “No” gentile: ho imparato a dire di no in modo rispettoso ma fermo. “Apprezzo la tua proposta, ma in questo momento non è in linea con i nostri obiettivi” è diventata una delle mie frasi preferite.

5. La saggezza del silenzio: a volte, il miglior modo per mantenere l’equilibrio è semplicemente… tacere. Non ogni commento richiede una risposta, non ogni situazione richiede un intervento immediato.

 

La tua esperienza conta

 

E tu? Hai mai camminato su questa linea sottile?

Forse hai condiviso troppo a quella festa aziendale?

O magari hai scoperto che essere “amico” ha reso impossibile dare feedback negativi?

La tua esperienza potrebbe essere preziosa per altri leader che stanno affrontando le stesse sfide. Ricorda, non sei solo in questo viaggio. Ogni leader, in ogni settore, deve affrontare questo delicato equilibrio.

In conclusione, ricorda: l’equilibrio tra autorità e accessibilità è un processo continuo. Non esiste una formula magica, ma con consapevolezza, flessibilità e un pizzico di umorismo, puoi diventare il leader che il tuo team merita.

Il mio consiglio finale? Sii il tipo di capo per cui vorresti lavorare. Autorevole ma giusto, accessibile ma professionale, umano ma non troppo “amico”. È un obiettivo ambizioso, ma vale la pena perseguirlo.

E ricorda, anche nei momenti più difficili, un sorriso e un po’ di autoironia possono fare miracoli. Dopotutto, chi ha detto che essere un buon capo non possa essere anche divertente?

 

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