C’è stato un periodo in cui lavoravo 16 ore al giorno.
E ne andavo fiero.
Il sonno era per i deboli. Le pause, un lusso che non potevo permettermi. La mia scrivania era un campo di battaglia e io ero l’eroe che non si ritirava mai. Indossavo la stanchezza come una medaglia al valore.
In quel periodo, ho dovuto gestire una situazione ad alta tensione: un conflitto tra due miei collaboratori, su un progetto importante. Ricordo di essere entrato in quella riunione dopo l’ennesima notte insonne, alimentato solo da caffè e arroganza.
Sono stato un pessimo comandante. Lo ammetto.
Impaziente. Sbrigativo. Incapace di ascoltare. Non ho mediato, ho imposto una soluzione frettolosa che ha scontentato tutti e ha lasciato strascichi di risentimento per settimane. Ho demotivato due talenti in quindici minuti.
Più tardi, da solo, ho capito. Non avevo gestito male la situazione perché ero meno competente del solito. Avevo gestito male la situazione perché ero esausto.
La mia stanchezza mi aveva reso un leader stupido. Stavo sacrificando la lucidità sull’altare della “dedizione”, e l’unico risultato che stavo ottenendo era una scia di decisioni di bassa qualità e un team frustrato. Ero io il rischio più grande per la mia azienda.
Ci hanno insegnato che il lavoro duro si misura in ore. È una bugia. È la propaganda della mediocrità. Il tuo valore come leader non si misura in quanto tempo passi sulla sedia, ma nella qualità delle decisioni che prendi. E un cervello esausto produce decisioni scadenti. Specialmente quelle sulle persone, che richiedono pazienza, empatia e chiarezza. Nessun generale pianifica la battaglia decisiva dopo 48 ore senza dormire. Sa che la sua mente è l’arma più importante che possiede. Perché tu tratti la tua arma peggio di una recluta?
Pensa a come si allena un atleta olimpico.
L’amatore pensa che per vincere una maratona basti correre non-stop, ogni giorno, il più a lungo possibile. Si vanta delle sue vesciche, del suo sudore. Risultato: si infortuna, non migliora e arriva al traguardo per miracolo.
L’atleta d’élite sa che la performance è un ciclo. Un ciclo di sforzo intenso e di recupero strategico. Il riposo, il sonno, l’alimentazione non sono una “pausa” dall’allenamento. SONO l’allenamento. È in quelle fasi che il corpo si ricostruisce e diventa più forte. L’atleta d’élite vince perché ha avuto il coraggio di fermarsi.
E tu?
Stai gestendo la tua carriera da Comandante come un atleta d’élite o come un amatore che colleziona infortuni?
Smettila di misurare la tua dedizione in ore di lavoro. Inizia a misurarla nella qualità delle tue decisioni. Lavorare di più è la strategia dei soldati semplici. Pensare meglio è la strategia dei comandanti. E per pensare meglio, il tuo cervello deve essere riposato. Il riposo non è il tuo nemico. È la ricarica della tua arma migliore.
Chiariamoci: il riposo – per te, Comandante d’impresa – non è il classico riposo degli umanoidi, quello da “svacco sul divano”, per intenderci.
È il riposo dell’aquila, che dalla vetta più alta tutto scruta, apparentemente inerme, ferma. Ma PRONTA.
Una visione chiara, lucida, ghiaccia, immersa nel meritato riposo.
Ma pronta a spiccare il volo.
Entiendes? 😏
In posizione! 🌿🤚🌿
P.S.: Come sempre, la Lettera del Caesar della prossima settimana contiene un vantaggio competitivo.
O lo prendi tu, o lo regali al tuo concorrente.
A te la scelta. 😏
