C’è un virus che si insinua silenziosamente nelle aziende.
Non è il calo delle vendite.
Non è la crisi del mercato.
Non è nemmeno la concorrenza aggressiva.
È qualcosa di più subdolo: la procrastinazione.
E peggio della procrastinazione, c’è solo una cosa: quando diventa tollerata.
Tempo fa, in uno dei miei team, c’era un collaboratore che posticipava continuamente i suoi compiti.
Ogni volta che gli chiedevo aggiornamenti, ricevevo risposte vaghe:
“Ci sto lavorando…”
“Domani lo finisco…”
“Sto aspettando di avere tutto il quadro chiaro…”
Intanto, il progetto a cui tenevo particolarmente si trascinava avanti senza mai concludersi.
Ma il problema più grande non era solo il suo ritardo.
Era il fatto che gli altri membri del team, che si impegnavano per rispettare i tempi, stavano iniziando a perdere la pazienza.
Perché quando uno procrastina e la cosa viene tollerata, gli altri iniziano a chiedersi perché dovrebbero sforzarsi più di lui.
Risultato?
La procrastinazione si diffonde come un’infezione.
E questo, in un’azienda, è mortale.
Molti pensano che rimandare un compito sia solo un piccolo difetto.
Ma in realtà, ogni minuto perso si traduce in:
La procrastinazione non è solo un problema individuale.
È un veleno che si diffonde in tutto il team.
E il primo passo per risolverla è smettere di accettarla.
Nel caso del mio collaboratore, ho capito che la chiave era far emergere il problema senza giri di parole.
Ecco come l’ho affrontato.
Gli ho chiesto scadenze precise e mi sono assicurato che le rispettasse.
Così, tutti vedevano i progressi (o la loro assenza).
Ho insegnato al team un principio fondamentale: se un compito si può completare in meno di 10 minuti, va fatto subito, nessun rimando.
Dopo qualche settimana, il cambiamento è stato netto:
Più responsabilità.
Quando il team sa che tutti vedono chi lavora e chi no, il senso di urgenza cresce.
E soprattutto: la procrastinazione non era più vista come “normale.”
Se nel tuo team c’è chi procrastina, fermalo prima che sia troppo tardi!
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