Nel periodo che precede le festività natalizie, oltre alla tredicesima in busta paga sono tanti infatti gli imprenditori che desiderano gratificare i propri dipendenti con un premio ulteriore.
Questo gesto è di sicuro un’ottima occasione per applicare il cosiddetto welfare aziendale (ne abbiamo parlato altre volte nel nostro blog, ma ci torneremo) a patto che non si sfoci nell’abitudine.
In tal caso i dipendenti potrebbero cominciare a vedere il bonus come un diritto acquisito, quando non è così.
Vediamo come fare per non incappare in questo equivoco.
Una delle motivazioni che spinge spesso i datori di lavoro e gli imprenditori a voler premiare i propri dipendenti, soprattutto a fine anno, è quella di ringraziarli per l’impegno che hanno messo nel lavoro.
Un imprenditore che tiene ai propri clienti sa, del resto, che questi ultimi possono essere soddisfatti solo se chi lavora per lui lo fa con entusiasmo e motivazione.
Da qui la giustificazione del premio.
Perfetto, fino a questo punto tutto bene: anche noi di Studio Freccia non possiamo che approvare questa decisione.
Ci sono però dei rischi di cui tener conto e che ti consigliamo di evitare se vuoi continuare a mantenere come imprenditore una buona produttività aziendale.
Vuoi sapere quali sono?
Te lo diciamo subito.
Il primo rischio che come imprenditore potresti correre, se i premi di produttività diventano abituali, è che il dipendente cominci a considerarli come dovuti, come una specie di diritto acquisito, cioè.
Questi contesti esistono e sono piuttosto frequenti: non a caso in molte aziende si sentono alcuni lavoratori lamentarsi della mancanza del premio di fine anno, quando in pratica loro non hanno fatto proprio niente per meritarselo!
Per evitare questi comportamenti ti basterà erogare i premi una tantum, e non impostarli come fissi ogni fine anno.
Forse già saprai che i premi in busta paga ai dipendenti costano, in quanto si tratta di soldi che vengono tassati.
In questo caso può accadere che tra detrazioni ed altre diavolerie di tipo fiscale i tuoi dipendenti vedano il premio solo nel lordo ma non nel netto.
E questo causa due problemi: il primo è che tu hai speso dei soldi inutilmente, il secondo che il dipendente non ti ringrazierà neppure!
Ti conviene?
Quando il premio in busta paga viene considerato dai dipendenti una cosa scontata e quasi un diritto che a loro spetta (per esempio se il premio lo dai costantemente, ogni mese o ogni trimestre), potresti infine come imprenditore correre il rischio di vederti citato da un avvocato o un sindacato in caso di mancanza dello stesso premio in busta paga in un periodo successivo.
Cosa è successo in questo caso?
Che il lavoratore si è appellato al fatto che la legge considera tutto ciò come un superminimo.
E quindi tu come imprenditore potresti trovarti nella condizione di pagare il premio anche con un aumento dei costi!
Il che sarebbe la cosa più deleteria per te: quindi pensaci bene prima di elargire il premio con continuità.
Noi ti consigliamo sì di farlo, ma con i giusti “paletti” e a fronte di motivazioni specifiche, e circoscritte nel tempo.
Ci sono ancora molti dettagli da approfondire: come fare, ad esempio, per assegnare in maniera corretta i premi di produttività o di fine anno ai dipendenti, visto che il rischio che possano considerarli come “atto dovuto” è dietro l’angolo?
Cerchiamo di capirlo insieme, con in più qualche suggerimento che consigliamo a tutti i datori di lavoro che hanno intenzione di utilizzare questa risorsa di welfare aziendale.
Sappiamo che gratificare i propri dipendenti con dei premi di produttività e di fine anno può essere davvero uno strumento utile per incentivarli a dare sempre il meglio e motivarli.
Tuttavia l’accento va posto anche sui rischi in cui si può cadere se l’azione del premio si trasforma in routine.
Detto in altre parole: i dipendenti non devono abituarsi ai premi.
Ecco perciò che prima di lanciarti in questa iniziativa imprenditoriale ti consigliamo di valutare attentamente ogni aspetto della questione.
I premi di produttività, d’accordo… ma ci sono anche altre soluzioni che puoi trovare per gratificare i tuoi dipendenti, e di conseguenza ottenere da loro maggior impegno senza farli adagiare sul concetto di “premio fisso”.
Innanzitutto vogliamo ricordarti che, quando parliamo di premi di produttività, i tuoi lavoratori hanno anche la possibilità di poterli convertire in servizi di welfare aziendale.
Tieni conto di ciò soprattutto se ti interessa un progetto di ampliamento della tua impresa.
Andando poi oltre i premi di produttività e di fine anno, potresti pensare a riconoscimenti formali, magari durante l’occasione di un pranzo offerto a tutto il tuo staff, o a regali aziendali.
In questo caso puoi sbizzarrirti come vuoi: gift card, abbonamenti a centri di servizi, benessere, corsi di formazione, etc.
L’importante è che tutto sia pensato e “cucito addosso” ai tuoi dipendenti, personalizzando l’esperienza che altrimenti non verrebbe capita né otterrebbe i risultati sperati.
Valuta, infine, le soluzioni che hanno a che fare con i benefit aziendali.
Il buono shopping, ad esempio, può rivelarsi una buona soluzione, con deducibilità fino a 258 euro annuo per collaboratore e totale per l’azienda.
Il nostro consiglio dunque è quello di muoverti verso una direzione di welfare aziendale, per avere doppio vantaggio: utili per te (e la tua azienda) e per i tuoi dipendenti.
Detto questo resta da capire un’altra cosa: come si calcolano nello specifico i premi di produttività?
Premi di produzione di fine anno o di motivazione, per rendere più partecipi i dipendenti e spingerli a lavorare sempre meglio: abbiamo visto quanto questo sia possibile e più vantaggioso per te imprenditore se ti affidi alle politiche di welfare aziendale.
Come si calcola però un premio di produzione?
A chi spetta e quanto può costare a chi lo eroga?
Per rispondere a queste domande abbiamo pensato ad una piccola guida per te!
Quelli che negli scorsi post abbiamo chiamato anche “premi di produttività” vengono ufficialmente definiti anche come “premi di risultato” o “premi di produzione”.
Possono essere elargiti in diversi momenti al lavoratore, ma il periodo preferito, generalmente, è quello di fine anno, o che coincide con determinate scadenze.
Il lavoratore se lo troverà in busta paga con la motivazione di aver raggiunto un certo obiettivo, come un importo in più rispetto al guadagno consueto.
I premi di produzione possono sì essere donati dal datore di lavoro di tasca propria, ma non è detto e anzi, non è consigliabile.
Quello che già ti abbiamo consigliato in quanto imprenditore è di affidarti alle politiche di welfare aziendale, che oggi sono possibili anche per le piccole aziende.
Non sei tu in quanto datore di lavoro che puoi decidere indipendentemente se dare un premio o meno ai tuoi dipendenti (cioè: puoi farlo lo stesso, ma senza grossi vantaggi per te e la tua azienda).
In generale, i premi di produzione ai lavoratori vengono disciplinati attraverso degli accordi che i proprietari dell’azienda o datori di lavoro stipulano con i sindacati.
Queste organizzazioni sindacali possono essere interne all’azienda (ma è il caso delle medie e grandi imprese) o competenti a livello territoriale.
Gli accordi presi durano un anno o più anni, vanno firmati e poi consegnati al ministero del Lavoro entro un mese dalla firma ed in modalità esclusivamente telematica.
Cerchiamo ora di capire se questi premi in qualità di datore di lavoro tu puoi elargirli a tutti i tuoi dipendenti, indistintamente, oppure darli solo ad alcuni, selezionati.
In realtà tutti i lavoratori che rientrano nell’ambito del premio di produzione possono riceverlo.
Quindi, anche se si tratta di tipologie diverse di impieghi (operai, dirigenti quadri, impiegati semplici, etc.) e di contratti (full time o part time, a tempo indeterminato o a termine, contratto di apprendistato e così via) in teoria tutti i dipendenti, se hanno raggiunto determinati obiettivi, possono trovarsi in busta paga questa somma aggiuntiva allo stipendio.
Se si tratta di un premio di fine anno, di solito la somma sarà visibile all’inizio dell’anno successivo alla busta paga, o al massimo con un acconto e poi un saldo.
Se ora ti stai chiedendo:
“Sì, d’accordo, ma come si calcolano in pratica questi premi da dare ai dipendenti?”
ti diciamo subito che esistono diversi modi per farlo.
Il primo è attraverso un importo fisso, indipendente da tutti i parametri.
Il secondo modo ha a che fare invece con un calcolo percentuale: si tiene conto dei parametri della tua azienda, insomma.
Volumi di produzione, che reddito produce e quale fatturato ogni anno: parametri che come datore di lavoro dovrai sempre concordare con i sindacati.
C’è poi una terza modalità, che è sempre in percentuale ma si basa sulla retribuzione di ciascun dipendente.
Scegli quello più adatto a te e poi decidi a quale tipologia di premio di welfare aziendale desideri aderire.
Tra i tanti aspetti di cui abbiamo parlato resta da affrontarne uno che sta molto a cuore a voi che ci leggete: la tassazione.
In pratica, come vengono tassati questi premi ai lavoratori?
Ecco qualche risposta che potrà esservi utile.
Come abbiamo già avuto modo di chiarire in altri articoli del nostro blog, i premi di produzione possono essere sia tassati in regime ordinario (tassazione ordinaria come tutti gli importi premio erogati in busta paga, con Irpef ed addizionali), sia con imposta sostitutiva del 10% sui premi di risultato.
In alternativa puoi considerare il welfare aziendale (ne abbiamo parlato diffusamente nei giorni scorsi, sempre sul nostro blog), e con esso la possibilità che questi premi non vengano tassati affatto.
In certe situazioni il lavoratore può scegliere di convertire il premio di produzione ricevuto in denaro in beni di welfare aziendale.
Questo significa che potrà usufruire di agevolazioni per coprire delle spese mediche, ad esempio, oppure per l’assistenza a parenti bisognosi (anziani, allettati, etc.).
Ancora: potrà chiedere dei rimborsi o sconti per testi scolastici dei figli e loro attività ricreative, asili nido, buoni pasto, o spenderli in formazione professionale.
Nessuna tassa dovrà essere pagata, né dal dipendente né dall’imprenditore o datore di lavoro.
Ricorda però che se si sceglie di convertire il premio di produzione in welfare aziendale esistono delle limitazioni.
Il premio, innanzitutto, non deve superare l’importo di 3 mila euro lordi annui.
In secondo luogo il reddito del dipendente deve restare entro un range di 80 mila euro annui.
È importante comunque sottolineare che tali limiti possono essere superati se il lavoratore sceglie nei servizi di welfare una previdenza o assistenza sanitaria integrativa e complementare.
Ovviamente tu come datore di lavoro potrai anche rifiutare la richiesta di conversione mossa dal dipendente, ma se la accetti il tutto dovrà essere gestito attraverso un regolamento aziendale negoziato con i sindacati di categoria.
Ad ogni modo, questi sono i beni e i servizi più comunemente richiesti per il welfare aziendale.
E se invece si optasse per l’imposta sostitutiva al 10%? In questo caso si deve tener conto di una certa normativa stabilita appositamente. Vediamo quali sono i requisiti per accedere a questa soluzione di tassazione.
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